Vito Volterra nasce ad Ancona il 3 maggio 1860.
Perde prematuramente il padre all'età di due anni, e viene
allevato dalla madre e dallo zio Alfonso Almagià, funzionario
della Banca d'Italia. Trascorre i primi anni a Torino, poi si trasferisce
a Firenze, dove studia prima presso la Scuola tecnica "Dante
Alighieri" e successivamente presso l'istituto tecnico "Galileo
Galilei", dove ha la fortuna di incontrare tra i docenti Antonio
Roiti, noto fisico, che ben presto si accorge del talento matematico
del giovane allievo. Grazie al suo intervento e al sostegno economico
dello zio, Volterra ha la possibilità di continuare i suoi
studi.
Nel 1878, dopo che Roiti lo aveva nominato "assistente preparatore"
nel proprio laboratorio, può iscriversi alla Facoltà
di scienze matematiche e fisiche dell'Universitàdi Pisa;
l'anno successivo supera brillantemente l'esame d'ammisisone alla
Scuola Normale Superiore.
Alla Normale Volterra trova come maestri matematici
di prim'ordine, quali Ulisse Dini ed Enrico Betti; quest'ultimo,
che si occupava in quel momento di topologia e teoria dell'elasticità
e dei potenziali, lo seguirà nella preparazione della tesi
(un lavoro di idrodinamica), discussa nel 1882. L'ambiente pisano
della seconda metà dell'Ottocento è d'altronde particolarmente
ricco di talenti matematici, che contribuiscono alla fama continentale
della scuola matematica italiana, e Volterra ne sarà anch'egli
degno esponente, affiancando Dini, Betti, Padova, Ascoli, Arzelà.
Spinto dai suoi maestri, nel 1883 vince per concorso la cattedra
di meccanica razionale a Pisa, a soli 23 anni.
Nel periodo pisano Volterra si dedica a lavori sull'analisi
matematica, oltre a continuare gli studi iniziati con Betti. Dalle
sue ricerche prende avvio l'analisi funzionale, di cui Volterra
può essere considerato uno dei fondatori, e che troverà
in Hilbert, Banach, von Neumann alcuni degli artefici più
insigni.
Nel 1893 si trasferisce a Torino.
La qualità delle sue ricerche viene premiata
con significativi riconoscimenti: nel 1891 viene eletto socio non
residente del Circolo matematico di Palermo, quindi Cavaliere dell'Ordine
della Corona, e nel periodo torinese socio nazionale della Società
dei XL (1894), socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino
(1895), consigliere della Società italiana di fisica (1897),
socio corrispondente delle accademie di Modena e Bologna. Nel 1899
riceve la nomina da lui più ambita, quella di socio dell'Accademia
Nazionale dei Lincei.
Nel 1900 lascia Torino alla volta di Roma, dove in
breve tempo diviene un ascoltato esponente dell'establishment
giolittiano, per quanto riguarda le questioni di politica scientifica.
In questo ambito, tra il 1903 e il 1907 si occupa del riordinamento
del Politecnico di Torino, e nella primavera del 1905 viene nominato
senatore, insieme a un gruppo di altri quaranta senatori liberali.
Due anni più tardi viene nominato Preside della Facoltà
di scienze dell'Università di Roma, carica che conserverà
fino al 1919.
E' proprio grazie all'influenza di Volterra che Orso
Mario Corbino viene chiamato a reggere la cattedra di fisica sperimentale
dell'Istituto di Fisica di Roma, dopo la morte di Alfonso Sella.
Corbino avrà successivamente un ruolo fondamentale nella
costituzione del gruppo di Fermi.
"Ill.mo signor professore
grazie vivissime delle espressioni lusinghiere, gentilissime con
cui mi partecipa la notizia da me assolutamente inaspettata.
E mi conceda che io non esprima le solite frasi che in simili casi
la consuetudine più che la modestia suole suggerire. Conosco
le mie forze, e so cosa vuol dire sostituire Sella. Mi lasci sperare
nel suo aiuto altissimo, illuminato; solo allora la Facoltà
potrà non dolersi molto della scelta fatta.
Intanto le invio i più vivi ringraziamenti, insieme con l'espressione
del più profondo ossequio. |
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de.mo |
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O.M. Corbino |
Messina, 12 marzo 1908 |
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P.S. Permetta intanto che io le
dica tutta la gioia con cui ho appreso che ella è il successore
di Lord Kelvin a Stoccolma. La notizia apparve, sui giornali che
giungono qui, quando avevo già impostata l'ultima lettera
per lei."
(Lettera di Orso Mario Corbino a Vito Volterra, Acc.Lincei, Archivio
Volterra, s.1, fasc.327, lett. 6)
Tra un impegno istituzionale e l'altro, Volterra pubblica tre lavori
sull'applicazione della matematica alle scienze biologiche e sociali.
Tali argomenti lo appassioneranno sempre e verrano da lui ripresi
anche una ventina di anni dopo, quando il genero Umberto D'Ancona
sottoporrà all'attenzione dell'affermatissimo parente i risultati
di un'indagine statistica condotta sulla pesca in Adriatico negli
anni 1903-1925. Volterra prenderà a studiare il problema
immaginando un sistema costituito da due sole specie, la cui evoluzione
temporale viene governata da equazioni differenziali non lineari.
Da questi studi nasceranno i lavori del 1926 Variazioni e fluttuazioni
del numero d'individui in specie animali conviventi e Fluctuations
in the abundance of a species considered mathematically, ancor
oggi citati.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Volterra
si schiera apertamente dalla parte degli interventisti. Fin dal
settembre 1914 auspica un intervento italiano a fianco delle potenze
dell'Intesa e una mobilitazione degli intellettuali italiani in
tal senso. Egli non si ferma poi alla sola propaganda della causa
interventista, ma si arruola volontario nell'Arma del Genio. Nonostante
i suoi cinquantacinque anni, si distingue per imprese assai rischiose
a bordo dei dirigibili, al cui impiego ottimale contribuisce dal
punto di vista tecnico guadagnandosi, per il complesso della sua
attività militare, la promozione a capitano e la Croce di
Guerra.
Ma l'opera di Volterra non si esaurisce nelle sole
operazioni belliche: nel 1917 egli promuove la creazione di un Ufficio
invenzioni e ricerche, sul modello di analoghi istituti inglesi
e francesi, e nel dopoguerra guiderà la costituzione del
Consiglio Nazionale delle Ricerche, posto inizialmente sotto l'egida
dell'Accademia Nazionale dei Lincei; di entrambi l'illustre matematico
diverrà di lì a poco presidente, in cirsostanze assai
critiche. Con la "Marcia su Roma" del 1922, e con l'instaurazione
del regime fascista, si crea infatti in Italia una situazione politica
e culturale che preoccupa Volterra, il quale si schiererà
ben presto tra gli oppositori del fascismo. Nel 1923 Volterra viene
eletto Presidente dell'Accademia dei Lincei:
" ..il fatto, sebbene prevedibile in base
alla prassi accademica, rappresentava un gesto di sfida al governo,
che proprio in quei mesi era impegnato nell'approvazione della riforma
dell'istruzione conosciuta come "Riforma Gentile", della
quale Volterra era notoriamente deciso oppositore. Ed in questa
opposizione alla Riforma Gentile continuò ad impegnarsi,
insieme ad un altro matematico, Guido Castelnuovo, nei primi mesi
di presidenza…" (Giovanni Paoloni, L'Accademia
dei Lincei dal 1870 al secondo dopoguerra, Roma 1992)
La situazione non tarda a divenire pesante; firmando
il manifesto degli intellettuali antifascisti, noto come "Manifesto
Croce", e aderendo al gruppo dei senatori di opposizione, la
figura di Volterra al vertice dell'alta cultura italiana non può
più essere tollerata dal governo Mussolini: il matematico
si riavvicina così a Benedetto Croce, dal quale pure lo dividevano
culturalmente le diverse posizioni sul valore intellettuale della
scienza, e col quale aveva avuto numerose divergenze politiche nel
periodo della guerra e del dopoguerra. Al termine dei suoi mandati
presidenziali all'Accademia e al C.N.R, l'emarginazione di Volterra
dal panorama culturale italiano si farà sempre più
marcata. Dopo la fine della sua presidenza l'Accademia d'Italia,
istituita nel 1926, ridurrà progressivamente, fino alla definitiva
assimilazione nel 1939, l'autonomia e l'attività dei Lincei.
In un clima di progressiva fascistizzazione della cultura, nel 1931Volterra
rifiuta di giurare fedeltà al regime, e nel 1934 viene espulso
dall'Accademia dei Lincei.
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" Ill.mo Signor Rettore
della R. Università di Roma |
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Sono note le mie idee politiche per
quanto esse risultino esclusivamente dalla mia condotta nell'ambito
parlamentare, la quale è tuttavia insindacabile in forza dell'articolo
51 dello Statuto fondamentale del Regno.
La S.V. comprenderà quindi come io non possa in coscienza aderire
all'invito da lei rivoltomi con lettera 18 corrente relativo al giuramento
dei professori.
Con osservanza |
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della S.V. " |
(Minuta della lettera di Vito Volterra
al Rettore
dell'Università di Roma con la quale rifiuta di prestare
giuramento. Acc. Lincei, Archivio Volterra, s.3, fasc [XVII/4],
lett.3)
L'intensa attività scientifica che continua
a svolgere a livello internazionale gli procura più di una
ritorsione da parte del regime, che lo fa controllare dalla polizia.
Il fascismo si adopera in ogni maniera affinché la figura
del matematico e le sue attività vengano ignorate, anche
se non mancano a Volterra manifestazioni di stima e solidarietà
di amici e colleghi, soprattutto stranieri. L'ultimo periodo della
sua vita è reso particolarmente difficile dalle leggi razziali
del 1938. Senza che ne venga data pubblicamente notizia, Vito Volterra
si spegne a Roma l'11 ottobre 1940; al funerale partecipano i congiunti
e pochi amici. Soltanto il "Bollettino della matematica"
nel numero di gennaio-febbraio 1941 ha il coraggio di pubblicarne
un breve ricordo, e solo la Pontificia Accademia delle Scienze ne
terrà una furtiva, ma non per questo meno significativa,
commemorazione. |

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