| Tra i feudi e le proprietà che la nobile famiglia 
        Cesi acquisisce nei centri in cui risiede, nel Lazio e in Umbria, spicca 
        la residenza di Acquasparta sicuramente la più illustre e importante.Nel 1540 Gian Giacomo Cesi e la moglie Isabella di Alviano ottengono da 
        Pier Luigi Farnese il feudo di Acquasparta in cambio di quello di Alviano.
 Nel volger di un decennio i Cesi possono già disporre di una degna 
        dimora, pur tuttavia progettando di ampliare la "domus" in un 
        grande e prestigioso palazzo.
 
 
 L'incarico di portare a compimento un simile progetto viene 
        affidato, nel 1561, all'architetto fiorentino Guidetto Guidetti, al quale 
        succede, dopo la morte di questi tre anni dopo, il milanese Giovan Domenico 
        Bianchi che da questo momento entra a completo servizio della famiglia.
 
 
        
          |  |  La costruzione del palazzo, iniziata sotto il cardinal 
        Federico, termina verosimilmente intorno all'anno 1579, quando Federico 
        Cesi nipote di Gian Giacomo e padre del futuro fondatore dell'Accademia 
        dei Lincei sposa Olimpia Orsini.L'anno successivo, Isabella d'Alviano, sopravvissuta al marito e al figlio, 
        fa restaurare le mura cittadine e alcune strade, oltre a incaricare Bianchi 
        di sistemare la piazza antistante il palazzo.
 Tra le sue mura, nei primi mesi del 1604, Federico si ritira sconfortato 
        e deluso dall'atteggiamento del padre, intollerante e assai poco comprensivo 
        nei confronti delle attività dell'Accademia dei Lincei fondata 
        alcuni mesi prima, il 17 agosto 1603, dal giovane Federico insieme ad 
        altri tre fraterni amici.
 Una volta superata la fase critica, i quattro fondatori dell'Accademia 
        Federico Cesi, Johannes van Heeck, Anastasio de Filiis e Francesco Stelluti, 
        riprendono a riunirsi nelle sale del palazzo e, dopo il 1618, Federico 
        vi stabilisce la propria dimora.
 La quiete della campagna umbra rende la dimora dei Cesi un posto ideale 
        per il lavoro accademico e le ricerche scientifiche del sodalizio Linceo, 
        come lo stesso principe evidenzia in una lettera a Galileo Galilei del 
        dicembre 1614:
 Dopo alcune disgressioni di piccoli viaggi me ne son 
        venuto a trattenermi un poco in Acquasparta, si per sodisfatione di questi 
        miei sudditi, come anco per fuggir alquanto le distrattioni Romane e goder 
        di filosofico e salubre diporto…(G. Gabrieli, Carteggio linceo, Roma 1996, pp474-475)
 Nel 1624 anche Galilei è ospite 
        nel palazzo di Acquasparta.
 
 Nel palazzo si accede dall'androne 
        che conduce agli ambienti del pian terreno. Dal portico per mezzo di una 
        scalinata si accede al piano nobile. In questo piano, adibito prevalentemente a funzioni di rappresentanza, 
        preziosi affreschi celebrano le illustri origini e le grandi virtù 
        militari della famiglia Cesi. Lo studio delle opere ha permesso di individuare 
        in Giovan Battista Lombardelli l'autore delle decorazioni.
 Splendidi soffitti lignei a cassettone ornano le sale, e tra questi quello 
        del salone del piano nobile è senza dubbio il più grandioso.
 Nei cassettoni sono intagliate figure d'Ercole, 
        trofei d'arme e mascheroni, e, in quello centrale, un grande stemma dei 
        Cesi.
 
         
          |  |  Tra le decorazioni pittoriche che illustrano le gesta militari 
        e le origini della famiglia Cesi, risalta l'emblema dell'Accademia, la 
        lince contornata da una corona d'alloro, e l'epigrafe che sovrasta l'architrave 
        di una delle porte della sala della Genealogia, fatta scrivere dallo stesso 
        Cesi, che riporta in forma sintetica gli ideali dell'istituzione lincea:
 Il culto di Dio ottimo massimo delle sue opere. / L'assidua contemplazione 
        della universale macchina del mondo. / La mente sempre nutrita dagli scritti 
        e dai detti dei sapienti, / pienamente appagata da ciò che possiede 
        / e non mai spinta da bramosia verso le cose altrui, / mossa invece dalla 
        volontà di aiutare e soccorrere. / Costumi che siano degni di te 
        stesso e che giovino agli altri. / Il legame di un'amicizia autentica 
        / e di una consuetudine fondata sulla probità. / Equilibrata moderazione 
        nei rapporti con i sudditi, / con i familiari, con le ricchezze. / Amore 
        per il lavoro, odio per l'ozio. / Che le tue opere siano capaci di durare 
        nel tempo, / che siano meritevoli in ossequio alla sincera fedeltà 
        verso i maggiori / e di perenne utilità per tutti. / Queste cose 
        sono degne di un uomo, di un nobile, di un principe: / esse generano buona 
        fama, ricchezza vera, felicità, la gloria stessa. / Federico Cesi, 
        il principe dei Lincei, volle in tal modo /ammoniere se stesso ed i suoi, 
        per sempre.
 (trad. Ada Alessandrini)
 Le decorazioni degli ambienti a pian terreno, dedicati alla vita privata 
        dei Cesi, attingono al ricchissimo patrimonio mitologico, in particolare 
        alle Metamorfosi di Ovidio.
 La ricchezza, la qualità di esecuzione e la varietà delle 
        decorazioni con l'intreccio di mitologia e allegoria, di storia romana 
        e di emblemi dei soffitti di Palazzo Cesi sono da considerarsi uno dei 
        maggiori esempi della pittura di gusto romano in Umbria.
 
   
 
 
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