Stemmi e insegne araldiche erano, inizialmente,
riservati ai soli cavalieri come segni di identificazione in combattimento.
Stemmi talvolta sormontati da splendidi cimieri, teste di drago, leopardi,
grifi, liocorni ne testimoniavano le tradizioni militari e cavalleresche.
Successivamente, a partire dai primi anni del Duecento, l'uso dello
stemma si estese alle donne, agli ecclesiastici, agli abitanti dei borghi
e delle città, a mercanti e contadini conferendo una sorta di
"stato civile" agli innumerevoli oggetti che ornavano: abiti
militari e civili, edifici, mobili e tessuti, libri, sigilli, monete,
oggetti d'arte e d'uso.
Dalla metà del Duecento, l'imprimatur
del possesso conferiva ai manoscritti estremo valore tanto che, sovente,
venivano commissionati per persona da ingraziarsi o stupire.
Le bordure e in modo particolare il margine inferiore della pagina d’incipit,
la prima pagina del testo, generalmente la più riccamente miniata,
venivano dotati di imprese e stemmi del committente o destinatario.
Alcune volte il manoscritto era arricchito con dediche al donatario,
non di rado un personaggio assai illustre, che conferiva al libro uno
sfarzo araldico ancora maggiore.
In occasione di nozze tra nobili, il manoscritto riportava le insegne
di entrambe le casate a testimoniare l'alleanza matrimoniale tra le
due famiglie.
Nella sezione vengono esposti esemplari con bordure decorate
con frutti carnosi, animali, conigli, leprotti, putti dalle ali colorate
che ornano i margini delle carte con materiali preziosi a foglie d'oro
e meravigliosi colori a tempera. Più sono decorati riccamente
meno sono destinati all'uso.
Sono esposte opere legate alla glorificazione della
casata committente, con rappresentazioni figurate, genealogie a volte
in forma d'albero, come nel codice esposto Genealogia dei Principi
d'Este, ove vengono raffigurati i busti di un centinaio dei componenti
della famiglia.
Da notare che la pratica di produrre manoscritti con il ritratto dei
sovrani si estende dall'Europa fino in India.