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Lettera di L. Caetani a Giorgio Levi Della Vida

 
Giorgio Levi Della Vida, filologo ed erudito, è stato un grande amico di Leone Caetani. Con lui ha condiviso l'opposizione al regime fascista, rifiutandosi di prestare il giuramento fascista e costretto pertanto a rinunciare alla carriera universitaria e ad espatriare a Philadelphia. Solo nel 1947 fece ritorno in Italia e in quell'anno venne eletto socio linceo.

Riportiamo di seguito il testo integrale di una bellissima lettera di Leone Caetani indirizzata a Levi Della Vida, scritta dal Canada. Il principe Leone, in queste umanissime pagine, dà libero sfogo ai suoi sentimenti, raccontando all'amico, ancora in Italia, la sua nuova vita in Canada, l'amarezza per gli errori del passato, la nostalgia per gli studi e per la patria, il dolore per la situazione politica del proprio paese.

Lettera di Leone Caetani a Giorgio Levi Della Vida, 25 marzo 1934
Presso l'archivio di famiglia Levi Della Vida

«Mio caro Giorgio,
la sua buona lettera mi ha dato una vera emozione, e per tante ragioni che [cancellature] posso dirle tutte. E' strano come la felicità dei momenti più belli della nostra vita sia compresa veramente dopo che quei momenti sono fuggiti per sempre. Se Ella mi ricorda con sentimenti, che mi commuovono e mi onorano, quei tempi nei quali lavoravano insieme, posso dirle che anche per me sono fra i più belli che io ricordi nella mia vita burrascosa.
Quando Ella mi dovette lasciare mi venne meno una collaborazione senza la quale la continuazione degli Annali, nella condizione mia, era quasi impossibile. Io pure, caro Giorgio, al pari di Lei, non ho saputo sanare il dissidio tra la scienza e la vita. Io ho preso per moglie una donna mondana che non aveva alcuna simpatia per i miei studi e le mie aspirazioni e mi rese, per molte ragioni, la vita difficile e dolorosa. Il sangue slavo che ho nelle vene e che mi spinge sempre alle soluzioni radicali, mi indusse a cercare altrove una felicità che io credevo mi fosse necessaria. Da ciò complicazioni senza fine. Poi venne la guerra, e il mio sangue slavo mi spinse ad arruolarmi volontario, come una soluzione temporanea alle mie difficoltà. Poi morì mio Padre e mi trovai alle prese con nuove difficoltà, in momenti di crisi economica, finanziaria e monetaria, quali il mondo non ha mai vista, e l'inesperto autore degli Annali sentì che gli anni spesi ad esplorare le origini dell'Islam non gli erano di alcun giovamento né morale né materiale. Ed arrivai così ad un momento, in cui mi trovai così impegolato in complicazioni esasperanti, che… sempre il sangue slavo!… che decisi di rompere con tutto e con tutti, e andarmene in un nuovo mondo, dove potessi farmi una nuova esistenza, dedicando questa ad una figliola meravigliosa, natami in condizioni, trattate dal nostro codice civile con barbarico cinismo. Qui al Canada ho potuto, mutando nazionalità, dare il mio nome e regolare la situazione di mia figlia e vivere la vita semplice ed umile che è stata sempre quella da me prediletta. Un tempo ho fatto l'agricoltore, ma non vi ho trovato molta soddisfazione, e perciò sono diventato boscaiolo. Ho un bosco, su in alto, sul pianoro di una montagna: vi salgo la mattina, solo, con il mio camion, lavoro con l'accetta e con la sega, carico il prodotto del lavoro sul camion e poi scendo al piano per lo scarico. Nel pomeriggio leggo e attendo a piccole faccende domestiche e a letto alla stessa ora delle galline. Vita sana, come vede, rallegrata dalla compagnia di una figliola alta quasi quanto me, di una straordinaria intelligenza (a mio modo di vedere, non appropriata ad una donna), vivacissima, che passa tutto il suo tempo a leggere, e quando mi vede, ama discorrere di quanto ha letto. E quindi una compagna piena di sorprese intellettuali e morali, compagna per la felicità della quale nessun sacrificio deve essere troppo grande e costoso.
Ella comprende (da queste mie brevi confessioni autobiografiche) come la mia «diserzione» (com'Ella giustamente rileva) dagli Annali era fatale ed era irrimediabile: per continuare il lavoro avrei dovuto non essermi ammogliato, o almeno essermi legato ad una figlia di professore disposta ad aiutarmi e a simpatizzare con le mie aspirazioni. Così invece sono diventato quello che gli inglesi chiamano un «failure»… non sono riuscito a nulla. Qui al Canada, menando la vita semplice, con due domestici, ho trovato molta pace, e sovrattutto, riconcentrandomi in me stesso, ho acquistato quel bene inestimabile che è la vera serenità dello spirito puramente contemplativo, scevro di ambizioni e di rimpianti, pronto ad accettare con tranquillità qualunque vicenda del destino. E' questa felicità? Non lo so! Io e Lei siamo della classe degli «intellettuali», pei quali lo spirito è sempre irrequieto. Sapesse quante volte quando sono su al bosco in estate, quasi nudo, al sole, mi siedo sopra un tronco a riposarmi e lo sguardo può spingersi libero attraverso una valle larga ridente e boscosa, inerpicarsi sui monti nevosi al di là e con l'immaginazione spingersi al di là dove perennemente mugghia e si agita il grande Oceano erroneamente detto Pacifico. Allora spesso il demone del pensiero vola al di là dell'Oceano, varca il continente asiatico e ritorna al «Bel Paese» che mai più rivedrò e che pure ho tanto amato. Ho spesso allora pensato a Lei, particolare quando Ella ebbe l'eroico coraggio di un grande rifiuto. Non osai scriverle per molte e varie ragioni che Ella bene comprenderà, ma è stato sempre il mio proposito di manifestarle tutta la mia simpatia ed ammirazione. Ella agì, come avrei voluto e sarei stato fiero di agire nelle medesime circostanze.
E allora un velo di tristezza scende sull'animo mio, al pensiero di quanta ingratitudine (sic!) l'umanità ricompensa i suoi «intellettuali», ai quali, in fin dei conti gli uomini debbono tutto, arte, religione, scienza, letteratura e senza i quali l'uomo sarebbe ancora un barbaro del «Neander-thal». Oggi in Europa fascista l'intellettuale che non si piega a tirannia è in odio; si vogliono soltanto schiavi e servi fedeli. In Germania mi dicono che il movimento intellettuale sia fortissimo. L'intellettuale è sempre un ribelle. La chiesa di Roma li ha pure sempre combattuti. Nell'Islam ogni movimento intellettuale era motivo di agitazioni e di massacri. Per più di un secolo Baghdàd, per es., fu la scena di conflitti sanguinosi fra gli Hanbaliti e le scuole più progressive… e vinsero i reazionari! In America: «Fondamentalisti» fanno guerra all'insegnamento del principio evolutivo, propugnato da Spencer e Darwin.
Ma intellettuali si nasce e intellettuali si rimane: così, pur'io, sebbene grato a questo paese per tutto ciò che mi ha dato, sento che mi manca qualche cosa, la compagnia di un altro della stessa mia classe, lo scambio di idee e di riflessioni. Inoltre in questo paese l'inverno «siberiano» è troppo rigoroso per un uomo della mia età e… in fine ho una figlia, che in agosto avrà 17 anni, e per la quale un paesello di modesti agricoltori agli estremi confini del mondo civile, non offre alcun avvenire… intellettuale anch'essa! E allora… che cosa fare? La grande crisi ha inflitto un colpo disastroso alla mia fortuna e debbo vivere molto modestamente. Come vede, caro Giorgio, questa felicità è una chimera per tutti, ed anche rifacendosi una nuova esistenza rimangono sempre quelle ragioni umane, per le quali gli uomini debbono sempre, fatalmente soffrire. Proseguo, come distrazione intellettuale, i miei studi di Storia religiosa e di fenomeni religiosi di ogni natura, di ogni tempo e di ogni paese. Sono diventato più profondamente miscredente che mai e sento che il mondo ha grande bisogno di una nuova forma religiosa, spoglia di tutti i caratteri barbarici del Jehova ebraico, di quelli pagani con i quali il sincretismo orientale dei primi secoli ha rivestito la memoria di Gesù creando un essere assurdo… ma lasciamo questi argomenti troppo vasti e contenzios… forse non tutti accettabili da lei…! Comunque sia mi perdoni se le ho scritto così a lungo parlando tanto di me e nulla di Lei… Ma Ella saprà scusarmi, perché la lunghezza della lettera e il carattere intimo di tante mie confessioni saranno prova sufficiente dei sentimenti che mi hanno sempre animato, e sempre mi animeranno verso di Lei. Mi auguro che Ella trovi un giorno la pace e qualche intimo conforto contro le cruciali ingiustizie del suo destino. Sappia che riterrò sempre una lieta fortuna se potrò ancora rivederla e stringerle la mano.

Suo sempre aff.mo Leone Caetani »





 
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