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CENTO ANNI DI ASTRONOMIA
IN ITALIA 1860-1960

Comitato Nazionale  per il IV Centenario della Fondazione della Accademia dei Lincei
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Il discorso del Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei

26 marzo 2003, Palazzo del Quirinale
 


Signor Presidente della Repubblica,

nell’ambito delle celebrazioni del quarto centenario della fondazione dell’Accademia dei Lincei ha avuto inizio, questa mattina nel Palazzo Corsini, un convegno scientifico su:

Cento anni di astronomia in Italia, 1860-1960.

Cento anni importanti per la storia della ricerca scientifica in generale, ricca, in quel periodo, di una messe ineguagliabile di scoperte e di idee nuove nelle discipline più svariate: nella fisica (con la teoria della relatività, la radioattività, la meccanica quantistica, ...), nella biologia, nella matematica, ... .
Fra queste, l’astronomia ha, da sempre, risvegliato una curiosità particolare, in un certo senso più viva, non solo fra studiosi di scienze diverse ed apparentemente lontane l’una dall’altra (dalla biologia, alla chimica, alla matematica, alla fisica), ma in un pubblico assai più vasto che, come è stato scritto, scopre ogni giorno che “al di sotto della serena rotazione del cielo si celano fenomeni di inaudita violenza e di enorme interesse”. La fenomenologia astronomica, anche la più primitiva, pervade il nostro vivere quotidiano, plasma il nostro linguaggio, produce alcune delle metafore più frequenti. Le notizie su molte delle scoperte astronomiche ed astrofisiche più sofisticate sembrano essere facilmente comunicabili ad un pubblico assai più ampio di quello degli specialisti e degli addetti ai lavori. Ad un livello più avanzato, alcuni dei problemi fondamentali, addirittura “esistenziali”, dell’astronomia sono stati all’origine di interi capitoli della ricerca scientifica più sofisticata. Ad esempio, il problema della stabilità del sistema solare ed i risultati di Henri Poincaré sono oggi alla base di capitoli fondamentali della meccanica celeste moderna, ed hanno prodotto - in un arco di tempo che comprende il lavoro dei matematici di oggi - la teoria dei sistemi dinamici, lo studio del caos deterministico, la teoria dei piccoli divisori, ... .
Proprio nel campo dell’astronomia, il convegno aperto questa mattina nel Palazzo Corsini si propone di mettere in luce le principali figure di scienziati italiani che influirono maggiormente e portarono alcuni dei contributi più significativi alla ricerca astronomica in Italia, a partire dai decenni immediatamente successivi all’unità del Paese ed alla rinascita dell’Accademia dei Lincei. Spicca fra i protagonisti dei primi decenni la figura di Giovanni Virgilio Schiaparelli (1835-1910), Socio Linceo dal 1870, che, il 5 maggio 1878 presentò all’Accademia una memoria illustrata con i famosi disegni nati dall’osservazione di Marte.
Proprio nel ricordo di questo grande scienziato, è sembrato quanto mai appropriato che il Convegno sulla storia recente dell’astronomia in Italia venisse inaugurato idealmente da una delle Conferenze Lincee: la “Conferenza Schiaparelli”, affidata a Riccardo Giacconi e dedicata quest’anno a

Lo sviluppo dell’astronomia a raggi X.

Socio della nostra Accademia dal 1985, e Premio Nobel per la Fisica nel 2002, insieme a Raymond Davis Jr. ed a Masatoshi Koshiba, Riccardo Giacconi, nato a Genova nel 1931, si è laureato a Milano nel 1954, allievo di Giuseppe Occhialini. Fu proprio Occhialini a suggerirgli di andare negli Stati Uniti per lavorare nel campo dell’astronomia in raggi X – della quale lo stesso Occhialini aveva subito compreso l’enorme importanza scientifica – sotto la guida di Bruno Rossi che dell’astronomia in raggi X era uno dei grandi esperti, e viveva negli Stati Uniti dopo essere stato cacciato dalla sua cattedra universitaria nell’Università di Padova a seguito delle leggi razziali. Così, Giacconi partì per l’America, apprese molto da Bruno Rossi, e con lui effettuò, nel 1972, il primo esperimento di rivelazione di sorgenti X celesti.
L’inizio dell’astronomia in raggi X – sono le parole di Bruno Rossi in un ciclo di lezioni tenute nell’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1972 – fornisce uno degli esempi più chiari di quanto la varietà e la ricchezza della natura superino l’immaginazione dell’uomo.
Dopo avere illustrato lo scetticismo degli scienziati dello “Space Science Board” della National Academy of Sciences degli Stati Uniti agli albori dell’astronomia in raggi X - scetticismo, a suo dire, in quel momento ben fondato – Bruno Rossi così continua: Questa dunque, era la situazione quando alcuni di noi a Cambridge, fra cui voglio ricordare particolarmente Riccardo Giacconi dell’American Science and Engineering e George Clark del Massachusetts Institute of Technology, cominciarono ad interessarsi dell’astronomia in raggi X. Il nostro ragionamento era estremamente semplice e, se si vuole, ingenuo. Gli strumenti usati precedentemente, per lo studio dei raggi X solari erano assai rudimentali e, senza grande sforzo, si sarebbero potuti costruire strumenti un centinaio di volte più sensibili. Esaminare il cielo con strumenti di questo genere voleva dire entrare in un territorio assolutamente inesplorato, dove, malgrado le avverse previsioni teoriche, ci si potevano attendere delle sorprese.

Vi fu una serie di discussioni
, - continua Bruno Rossi - da cui emersero due programmi. Il primo (...) perseguito con grande successo sotto la guida di Riccardo Giacconi (...) aveva lo scopo di sviluppare un vero e proprio telescopio per raggi X, utilizzando la riflessione esterna totale dei raggi X sotto incidenza radente. Il secondo mirava ad una ricerca di sorgenti X celesti diverse dal Sole, utilizzando tecniche già esistenti, cioè contatori di fotoni a finestre sottili.
Il 1972, al quale si riferiva Bruno Rossi nelle sue lezioni, fu un anno importante per l’astronomia in raggi X e per il futuro di Riccardo Giacconi. Come ha affermato di recente lo stesso Giacconi, furono proprio le ricerche compiute fra quell’anno ed il 1979 a valergli il Premio Nobel per la fisica, oltre al Premio “Como” della Società Italiana di Fisica, la medaglia NASA, la Medaglia Bruce della Società Astronomica del Pacifico, la Medaglia d’oro della Royal Astronomical Society e, nel 1984, la laurea honoris causa dell’Università di Padova.

In una relazione tenuta nel convegno internazionale su Astrophysics and Elementary Particles, common problems, organizzato dall’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1980, Riccardo Giacconi potè riassumere i risultati principali di quelle ricerche, conseguiti inizialmente utilizzando dei razzi, e, più tardi, mediante strumenti installati sui satelliti “Uhuru”, nel 1970, “HEAO-1”, nel 1977, e “Einstein” (“HEAO-2”) nel 1979, rilevando che: This qualitative change in observational capabilities has so broadened the scope of X-ray observations that it now encompasses essentially all objects studied in Astronomy from the planet Jupiter to the most distant known clusters and quasars. (...) When extended to even more distant clusters, they will play a unique role in the study of the early stages of cluster formation.

Ma il cammino scientifico di Giacconi non si è arrestato dopo i grandi successi di quegli anni, e coglie un altro significativo successo nel 1999 riuscendo a fornire – grazie alle rilevazioni del satellite “Chandra” - una descrizione accurata dell’universo a raggi X. Già prima di allora, la linea di ricerca indicata da Giacconi viene intrapresa con decisione dall’astrofisica italiana che, grazie alle osservazioni del satellite “BeppoSAX” fornisce nel 1996 una descrizione accurata delle catastrofi cosmiche più gigantesche mai osservate prima di allora: i “gamma ray bursts”.

La natura stessa dell’attività scientifica di Riccardo Giacconi, l’ha spesso collocato inevitabilmente al crocevia fra numerosi impegni accademici – assolti quale professore a Milano, a Harvard ed alla Johns Hopkins University - e responsabilità gestionali di grande rilievo, quale Associate Director for High Energy Astrophisics at the Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Direttore dello Space Telescope Science Institute, e Direttore Generale dell’European Southern Observatory.

Signor Presidente della Repubblica, questo è – tracciato per sommi capi da chi, come me, non ha nessuna competenza nell’astrofisica – il profilo di un ricercatore che, con la sua creatività, la sua tenacia, il suo lavoro, ha onorato ed onora il nostro Paese e la Scienza.


Edoardo Vesentini


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