Lynceographum quo norma studiosae vitae Lynceorum philosophorum exponitur
Roma, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana
Archivio Linceo 4
Italia, XVII secolo
Il codice, cartaceo e membranaceo, si compone di 560 carte e misura mm. 27,5 x 20,5. Il volume, composito (per la sequenza dei testi contenuti cfr. Baldriga 2002, p. 71), è stato sottoposto a digitalizzazione dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze in collaborazione con l’Accademia Nazionale dei Lincei. Quest’ultima, nel 2001, ha stampato un’edizione critica del Lynceographum: il testo, trascritto alle carte 1r-242v, espone le norme della vita e degli studi dei primi Lincei.
Federico Cesi, che sin dal 1603 attendeva alla compilazione dello statuto linceo, era convinto che la pubblicazione del Lynceographum avrebbe fugato ogni dubbio di “danno alcuno o detrimento della Lyncealità”. L’elaborazione dello scritto fu lunga e complessa e si valse della collaborazione di più lincei; Cesi, tuttavia, pur affermando più volte che il testo sarebbe “presto finito”, non riuscì a vederlo stampato. Nel 1612 il fondatore dell’Accademia, scrivendo a Galileo, lo pregava di rivederlo (“quello li parerà ci si muti o accomodi”), mentre nell’anno seguente invitava Francesco Stelluti a portare la prima parte del Lynceographum a Giambattista Della Porta onde lo esaminasse.
La lettera allo Stelluti è preziosa per le dichiarazioni concernenti la stesura dello scritto, che il fondatore dell’Accademia definisce uno “sbozzo” ancora lungi dall’essere ridotto in “buona forma”. Come Galileo, anche Della Porta è pregato di rivedere il testo, e per tale ragione Cesi ha “lasciato spazio la metà bianco”, così che l’anziano naturalista “aggiunga, minuisca, cassi, muti, come meglio… parerà”. Cesi, infine, confessa di avere redatto lo statuto nelle “mozzature” delle ore e di aver scelto uno stile ben lontano dall’imitazione degli “autori”, “havendo l’occhio solo alle cose e non alla lingua”.
Il manoscritto, che contiene l’atto di sottoscrizione autografa dei primi lincei (carta 246r), riporta, su due carte distinte (244r e 245v), l’emblema dell’Accademia, la lince. L’animale, prescelto per la sua “oculatissima vista”, era quello che meglio avrebbe simboleggiato l’impresa lincea, tesa sin dal primo momento a privilegiare l’osservazione diretta, l’observatio e la contemplatio, che dovevano di necessità sottendere ogni scritto linceo destinato alle stampe.
Bibliograzia essenziale
- G. Gabrieli, Il carteggio linceo, Roma 1996, s. v. Linceografo, p. 1414 (si tratta della ristampa degli scritti pubblicati, tra il 1938 e il 1942, nelle “Memorie” della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche).
- Lynceographum quo norma studiosae vitae Lynceorum philosophorum exponitur, a cura di A. Nicolò, Roma 2001.
- I. Baldriga, L’occhio della lince: i primi Lincei tra arte, scienza e collezionismo (1603-1630), Roma 2002 (il testo contiene, alle pp. 299-334, una bibliografia aggiornata sull’attività dei primi lincei).
- I. Baldriga, Lynceographum quo norma studiosae vitae lynceorum philosophorum exponitur, in Il trionfo sul tempo, Modena 2002, pp. 71-73.
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